“La diaspora terzomondista ci ha infine raggiunto, per ultima, dopo quella occidentale e poi quella sovietica, si è affacciata sulla fine del mondo in California e ora assieme a noi sente il bisogno profondamente umano di spostarsi ancora un po’ più in là, quasi che la Terra non fosse tonda e il millenario viaggio dei popoli verso un occidente, metafora di libertà, potesse non scontrarsi contro un pianeta che si è ristretto. Così ad uso dei rifugiati, dei clandestini, dei migranti urbani che la notte cercano rifugio negli scheletri industriali di un sogno di potenza abbandonato, ho voluto immaginare un grande telescopio, fatto con barili di petrolio, barattoli di tonno, scatole di pomodori pelati e altri oggetti di recupero che servisse a osservare la Luna, come frontiera ulteriore, come luogo ancora vergine da colonizzare, utopia in cui conservare il sogno di un altrove”.
Gian Maria Tosatti