Isacco deve morire. Ma suo padre, Abramo, non è capace di ucciderlo. Per questo motivo Abramo perde la stima di suo figlio e quella di dio. Per questo motivo lo stesso pugnale che non offese il figlio perisce il padre.
Bavalacchio si droga. Cucurullo no. Killer di professione, non riesce a uccidere un infante a causa della discendenza da Abramo. Ma la caina stirpe di Isacco lo costringe a uccidere il suo tossico amico. Scannapieco, amico frustrato, guarda impotente la sua vita sfaldarsi a causa di Pancrazio, divinità assente.
Don Agiorre Giona, curato nella parrocchia, malato di cuore, assolve il crimine di Cucurullo condannando sè stesso per bigamia e per offesa alla religione di stato.
Puntellata da mute didascalie e illustri personaggi uguali che d’intrasatto scoprono la Luna, l’epopea finisce celebrando, nella Chançon de Pancrace, le gesta dell’eroica stirpe che partorisce mostri.

Scritto, diretto e interpretato da Luca Ruocco, Ivan Talarico, Lorenzo Vecchio
Debutto: Teatro Rampa Prenestina, 6 aprile 2005

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