Uno degli episodi più interessanti e significativi dell’intera opera dell’Ariosto è sicuramente quello di Astolfo sulla luna. Astolfo è l’uomo-pianta (così trasformato dalla maga) dell’isola di Alcina,che riacquistate le sembianze umane,ricompare più volte nel coro del poema,come impavido protagonista di stravaganti avventure.L’ultima,che gli viene assegnata in questo pezzo del poema,lo ha portato in cima al monte dove sta il Paradiso Terrestre.Qui incontra San Giovanni che lo incarica di recuperare il senno perduto di Orlando.Per fare questo deve quindi recarsi sulla Luna ,dove si trovano tutte le cose che si sono perse in terra.Il paladino e il santo compiono il viaggio sopra un carro tirato da cavalli di fuoco,nel quale,secondo la Bibbia,il profeta Elia fu portato in cielo. Il passo si apre con la descrizione paesaggistica del luogo in cui il protagonista si trova, parlando delle dimensioni e dell’aspetto della Terra vista dal suo satellite. In seguito si descrive in generale il vallone delle cose perdute, infatti sulla luna si radunano tutte le cose che le persone, e che una volta raggiunta la superficie lunare non possono più essere recuperate. Alla fine della strofa LXXIII l’autore elenca le tre cause che possono essere all’origine dello smarrimento di qualcosa: si perde o per nostro diffetto, o per colpe di tempo o di Fortuna. La luna ha perso nel poema ogni riferimento soprannaturale,essendo vista come immenso deposito di oggetti smarriti.Terra e Luna poi,assumono funzioni complementari:quello che non c’è su l’una sta sull’altra.Sulla Luna non c’è pazzia perchè quella è concentrata sulla Terra ed è piena di senno perchè sulla Terra ce ne sta poco.Ariosto fa una descrizione della Luna come modo indiretto per fare ironica rassegna delle cose vane e delle follie della Terra,guardando il nostro pianeta con uno sguardo superiore.